Ma che differenza c’è tra il Fisioterapista ed il Fisiatra?
Inutile stupirsi ancora di questa domanda. Se viene fatta, non raramente, significa che ancora per molte persone la risposta non è chiara!
Allora cerchiamo di fare luce su questo punto “oscuro”.
Fisiatra: laureato in Medicina e Chirurgia specializzato in Fisiatria (branca della medicina che si occupa della prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione della disabilità conseguente a varie malattie invalidanti, congenite o acquisite.).
Di fatto dovrebbe essere quello Specialista in grado, a seguito di una visita diagnostica, di dare le migliori indicazioni sul piano terapeutico più idoneo per lo stato di necessità del paziente, e le migliori indicazioni al fisioterapista su come eseguire le cure individuate.
Fisioterapista : laureato in Fisioterapia (branca della medicina che si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione dei pazienti affetti da patologie o disfunzioni congenite o acquisite in ambito muscoloscheletrico, neurologico e viscerale attraverso molteplici interventi terapeutici, quali: terapia fisica, terapia manuale/manipolativa, massoterapia, terapia posturale, chinesiterapia e altre).
Di fatto dovrebbe essere quello Specialista che, sulle indicazioni terapeutiche del Medico Fisiatra, si occupa in prima persona del corretto svolgimento delle terapie prescritte, interfacciandosi con il suddetto al fine di ottimizzare la qualità del percorso riabilitativo in corso d’opera e dei risultati terapeutici posti come obiettivi.
Al lettore minimamente più attento, non sarà sfuggito l’uso ripetuto del condizionale nelle definizioni dei campi di competenza delle due figure.
Purtroppo, frequentemente le dinamiche riabilitative presentano dei vuoti e/o delle mancanze importanti.
La figura del Fisiatra presente in modo prevalente nel mondo ospedaliero e nella sanità privata convenzionata (è fatto d’obbligo della prescrizione fisiatrica per accedere alle sedute riabilitative con il sistema sanitario nazionale), è invece scarsamente rappresentata nella realtà della sanità privata (cosa mi serve “non mi opera, se mai dovesse occorrere, perché la fa l’ortopedico o il neurochirurgo; ma non mi fa nemmeno la riabilitazione perché la fa il fisioterapista”?).
Non è infrequente che la sua conoscenza di alcune tecniche riabilitative sia approssimativa.
Negli oltre 100 corsi di Kinesio Taping Method che ho insegnato negli ultimi 12 anni, tra i miei oltre 2500 discenti ho avuto (stesse percentuali per i miei colleghi istruttori) solo 5 Fisiatri!
Possibile, mi sono chiesto, ci siamo chiesti, più volte, che una metodica che nell’ultimo decennio ha largamente avuto la maggior diffusione (e richiesta) nel mondo della formazione italiana, possa destare un interesse così modesto in chi dovrebbe/potrebbe esserne prescrittore?
Ho conosciuto diversi bravissimi Specialisti Fisiatri competenti, preparati e collaborativi, ma purtroppo ne ho conosciuti troppi più interessati a questa specialità medica, dando la sensazione di averla scelta perché non prevede i rischi della chirurgia o del Pronto Soccorso o gli oneri dei turni notturni o dei festivi.
Per quanto riguarda la figura del Fisioterapista (che è bene ricordarlo appartiene alla classe delle professioni sanitarie della riabilitazione, che esercitano le proprie competenze con titolarità e autonomia professionale, in ambito libero professionale oppure in contesto di équipe multidisciplinare insieme ad altre professioni sanitarie) ci sono ahimè diverse modalità d’approccio non sempre virtuose.
Negli ultimi anni è cresciuto il numero di colleghi con curriculum formativi di assoluta eccellenza, mentre molti, troppi, sono restati al palo facendo la “conta della serva” per i crediti formativi annuali necessari preferendo i corsi più “remunerativi” rispetto a quelli più utili alla propria pratica quotidiana.
Alcuni si sono appassionati e hanno tanto studiato al punto di diventare quasi dei ricercatori, producendo studi e presentazioni cliniche pubblicate e apprezzate dalla comunità scientifica internazionale, altri si sono rannicchiati in protocolli acritici e in routine automatizzate che richiedono poco impegno e ancor meno ragionamento clinico.
Da qualche anno con il riconoscimento sempre più scientificamente dimostrato dell’importanza dell’esercizio terapeutico è cresciuta anche la figura del fisioterapista/trainer (definizione discutibile ma esplicativa)
Senza assolutamente volersi sovrapporre o confondere con il laureato in Scienze Motorie (basti pensare alla faticosa ma doverosa abrogazione dell’articolo 1 septies del decreto legge 5 dicembre 2005 che aveva cercato di dare l’equipollenza alle due figure), questa “specializzazione” permette di seguire il paziente, fino a quando è considerabile ancora tale, per consentirgli di apprendere esercizi e programmi attivi di progressivo incremento del controllo motorio, della propriocezione, della forza e della performance aspecifica, al fine di poter “consegnare” al trainer un soggetto, non più da riabilitare ma da allenare.
Dall’altro lato della medaglia, o della professione, capita ancora di sentirsi raccontare “il mio terapista mi ha detto di fare con le dita le formichine che salgono sul muro per riabilitare la spalla …”
In conclusione, credo non esita una professione o una sfera professionale, sanitaria o meno, dove tra i protagonisti ci siano quelli con l’iniziale maiuscola e quelli con la minuscola.
È lasciato al paziente, e credo sia giusto che sia così, la valutazione di chi si “occupa di lui” in modo attento, coscienzioso e professionale. Ai fisioterapisti e ai fisiatri quello forse più arduo di trovare un linguaggio comune e un rispetto reciproco che più che far bene a loro (noi) farebbe bene ai pazienti, gli unici e veri destinatari della qualità del nostro operato.