Quanto conta la mente nello sport?
Partendo dal significato etimologico della parola sport (dal francese desport, divertire, andare fuori; quindi uscire dalla routine quotidiana, svagarsi, staccare la spina dal quotidiano…), vorrei soffermarmi su alcuni temi legati allo sport.
Il contesto sportivo è una possibilità, e come tale se ne possono fare svariati usi, alcuni utili, altri dannosi. Da un lato, lo sport offre la possibilità di ritrovare armonia ed equilibrio con il proprio corpo (fondamentale per tutti ma in modo particolare in quei casi in cui il corpo è diventato terreno di lotte e sofferenza – pensiamo ai disturbi del comportamento alimentare ma anche alle persone colpite da malattie, tumori, problematiche in cui il corpo è stato come “tradito” e ad un certo punto negato); dall’altro lato possiamo assistere a forme distorte di pratica sportiva, in cui l’attività motoria diventa una dipendenza, un’espressione di disagio forte, un’attività ossessiva in cui il corpo non è amato ma sottoposto a continui maltrattamenti senza considerarne i bisogni, i tempi di riposo, le necessità fisiologiche e psicologiche di un organismo umano.
Il rapporto mente-corpo
Il corpo è una delle porte verso l’inconscio e l’inconscio è la massima espressione della nostra mente.
È importante comprendere il senso che anima un’attività sportiva. Si può praticare uno sport, anche ad altissimi livelli, per sottrarsi al corpo, a sé stessi, per non esserci e per non pensare, oppure si può praticare uno sport abitando il proprio corpo, facendo dialogare la mente e il corpo.
Più che mai in questo periodo si sente l’esigenza di dedicarsi al corpo, in senso estetizzante, si fa un gran parlare del corpo, ma pochi lo abitano davvero.
Il corpo può essere una porta verso l’inconscio, uno strumento che aiuta a riflettere su di sé e imparare come gestire le proprie energie, a direzionare la nostra libido.
Non di rado capita di vedere atleti che si impegnano incessantemente per raggiungere una meta, un risultato, fino a che arrivano a buttare all’aria una carriera sportiva a causa di un errore o di un passo falso. In questo caso il progetto inconscio è il boicottaggio. Ci sono conflitti inconsci, ad esempio che sfociano in somatizzazioni gravi e improvvise durante la gara, o poco prima.
Gli infortuni possono essere l’espressione di un conflitto profondo che non ha avuto la possibilità di vedere “la luce” attraverso il pensiero, la presa di coscienza.
L’unica possibilità che la mente ha per esprimersi è quella di far parlare il corpo. L’equilibrio sta nel silenzio del corpo. Ma quando qualcosa nel sottosuolo del nostro inconscio ribolle, il corpo si fa portavoce.
Dunque, il corpo è la via preferenziale di scarica delle tensioni ed è sul corpo che sono veicolate le informazioni contenute nella psiche ed è nel corpo che si esprimono tutte le emozioni. Nell’equilibrio della mente sta l’equilibrio del gesto sportivo e dell’esperienza sportiva positiva.
Come favorire una buona prestazione sportiva?
I fattori mentali più importanti, nell’allenamento e nella competizione, sono il rilassamento, la concentrazione, l’autoconvinzione (intesa come fiducia nelle proprie forze), la motivazione e la consapevolezza rispetto a ciò che si vuole raggiungere, a cosa spinge uno sportivo a portare avanti la sua pratica sportiva.
La valutazione degli obiettivi e dei bisogni individuali produce sempre più successo rispetto a pacchetti di istruzioni standard, buoni per tutti. Ogni assistenza psicologica ad uno sportivo prende l’avvio dal confronto fra possibilità concreta e obiettivi: a quale livello di prestazione si muove lo sportivo? Quali sono i suoi problemi e i suoi desideri individuali? Solo dopo aver risposto a queste domande si può passare ad applicare metodi appropriati per favorire il rilassamento, la volontà di affermarsi e la motivazione. E non bisogna mai dimenticare che la buona forma fisica e il dominio di tecnica e tattica rimangono fattori fondamentali di qualunque sport.
A cura di Rossana Curatolo.